Buon mercoledi a tutti!!!

ecco un perchè ad hoc per oggi: Perchè il 24 maggio si festeggia, ma senza far rumore? 
 
Ringrazio sempre l'interessante libro "101 perche' sulla storia di Roma che non puoi non sapere" per le molteplici idee...
 
Enoch bisnonno di Noè e padre di Matusalemme, alla "tenera" età di 365 anni, invece di morire, fu "rapito" da dio e portato in un luogo segreto, insieme, si dice, anche al profeta Elia.
Non si sa bene dove si siano cacciati questi due eroi dell'Antico Testamento, di certo c'è solo l'immenso amore  provato da dio nei loro confronti, tanto immenso da risparmiare loro anche la morte.
Un millennio e passa più tardi l'Orlando furioso di Ludovico Ariosto li ritroverà nel paradiso terrestre, loro due più san Giovanni evangelista, a formare un club privato dei graditi al signore. 
Questi tre nomi sono quindi importantissimi per il bene spirituale dell'umanità. Gli stessi tre nomi a Roma, invece, sono sinonimo di una festa dai risvolti amari, anche se dedicata alla concordia.
Per i visitatori che secoli fa provenivano dai Castelli, le Mura Aureliane e l'antica porta che si apriva sul Laterano dovevano apparire avvolte da una selva di acacie, filari di vigne, castagni e osterie a ogni metro.
Roma era subito dopo quell'ultimo tratto di campagna, le due realtà vivevano gomito a gomito, separate da spessi mattoni e da un portalone imponente, ma in stretto collegamento. Ma se il visitatore fosse arrivato di notte, un 24 di giugno, giorno della festa di san Giovanni,
lo spettacolo dei fuochi, le osterie imbandierate, le mille lucine che decoravano le case del quartiere a forma di zucche e di teschi, lo avrebbero fatto piombare in una specie di allucinazione demoniaca,
in un delirio onirico impossibile da decifrare.
Non è vero. Cioè sarebbe vero soltanto per i turisti che approdano a Roma adesso che nessuno sa più che cosa si festeggia il 24 giugno. Perchè un visitatore dell'epoca sarebbe arrivato sapendo benissimo che intorno alla porta, da sempre,
ma con rinnovato vigore soprattutto dall'Ottocento in poi, quel giorno, anzi quella notte di inizio estate si festeggiavano alcune cose. San Giovanni, le lumache in umido, la concordia fra gli amici e la cacciata delle streghe che, proprio col alare della luna, 
invadevano la città durante il loro viaggio verso il Gran Noce di Benevento dove si teneva un annuale, quanto temutissimo, Sabba.
Tornando a Enoch ed Elia, invece, e considerando l'ego spropositato che contraddistingue una città con il passato di Roma, si sappia che la data in questione
fornisce anche una risposta alla domanda posta all'inizio di questo capitolo. Il 24 giugno era chiaro a tutti che Enoch ed Elia si trovavano a Roma, per la precisione sotto la Scala Santa, dove sorvegliavano non soltatnto l'approdo al Sancta Sanctorum di Santa Madre Chiesa,
ma anche le rotule dei fedeliche la salivano in ginocchio per garantirsi l'immunità dai peccati e attendevano la fine del mondo, durante la quale erano incaricati di combattere l'Anticristo e, possibilmente, sconfiggerlo.
Sotterrati da millenni i due personaggi dell'Antico Testamento avevano finito per fondersi in un unico mostro sinonimo di Apocalisse che in città, complice un dialetto sempre portato a giochi di parole di ogni tipo, si fini per chiamare Er Nocchilia.Svegliarlo equivaleva
a dare vita al cancan che avrebbe finito per determinare la fine del mondo cosciuto.
Non farlo, in una notte come il 24 giugno, caratterizzata dalla veglia e dal carattere carnevalesco, appare come come un gioco di prestigio degno di un virtuoso.
Urlare piano, gridare a bassa voce, ubriacarsi con moderazione sono praticamente ossimori del divertimento popolare. Eppure quella notte si doveva far festa senza far troppo rumore, pena l'avvio dell'Armageddon.
Un divertimento schizzofrenico, questo era previsto per la notte delle streghe. Oppure viene da pensare che l'Apocalisse sarebbe potuta anche arrivare, ma nessun romano si sarebbe mai privato dello spettacolo dei carciofari d'Abruzzo o delle canzoni di san Giovanni che, a partire dal 1891 e almeno fino al 1931, hanno gareggiato in una competizione canora capace di promuvere dei veri e propri "inni" della canzone dialettale.
Nè, figuriamoci, i romani avrebbero mai rinunciato alla rituale abboffata di lumache in umido che serviva sia per evocare il diavolo ed esorcizzarlo che per fare pace con chi si aveva avuto qualche screzio.
La festa andava più o meno così: al tramonto si usciva di casa lasciando sulla soglia una scopa di saggina e una ciotola di sale grosso. In questo modo le streghe, curiose per natura, avrebbero passato tutta la nottata a contare i grani di sale o i fili di saggina della scopa, senza aver tempo di lasciare fatture sulla casa visitata. Compiuta la "contro-magia", mascherati e protetti da corone d'aglio e altri oggetti scaramantici i partecipanti alla festa  si recavano nella zona del Laterano per ascoltare la musica delle bande e mangiare lumache.
Durante la cena si faceva pace, si rinsaldavano amicizie e si chiarivano i problemi, probabilmente secondo un'usanza antichissima, in voga nell'antica Roma, quando al posto delle streghe si celebravano le Carise durante un afesta dedicata alla dea Concordia.
I monaci di San Giovanni e di Santa Croce in Gerusalemme contribuivano accendendo torce e fuochi lungo la strada e tutti gli abitanti della zona decoravano le strade con migliaia di lucine. Il buio si scongiurava con luce, le streghe venivano allontanate da una scopa e da una manciata di sale e l'Apocalisse si teneva buona cercando di fare meno rumore possibile...
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La prossima settimana un nuovo perchè!
 
 
© Casa Vacanza "Venturi". SCIA QA/2018/34299 del 20.07.2018

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